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Il tempo dell’autunno

L’autunno è come un romanzo di Thomas Mann. È magniloquente, teatrale e destinato alla rovina. È come un’antica casata che progressivamente si sgretola e, nel giro di pochi mesi, perde tutto. L’autunno porta molte maschere per nascondere il proprio volto, ma basta un giorno di pioggia per perderle una a una.

La primavera, come ho già scritto, viaggia veloce ed arriva all’improvviso. L’estate e l’inverno sono simili, sono due stagioni sicure di sé: ricoprono ogni cosa, di verde, di vuoto, di sole, di ghiaccio. L’autunno si trasforma di continuo per nascondere la sua fragilità. Inizia all’insegna dei colori per poi dimenticarseli tutti. L’autunno è una stagione distratta, che lascia in giro pezzi di sé. L’autunno è in divenire. C’è sempre un prima e un dopo nell’autunno. E sono l’uno l’opposto dell’altro.

Prima c’è l’autunno variopinto che ancora ricorda i colori dell’estate. Anzi muta il verde dell’estate in un tessuto di colori caldi. Prima ci sono via Trento e via XX Settembre che camminano verso il centro storico, accompagnate da tronchi orgogliosi delle loro chiome incerte tra il rosso e il giallo. C’è via Veneto, scricchiolante di foglie che, alzandosi, disegnano origami di vento.

Prima c’è il “toc” sordo delle castagne che cadono sulle panchine (e in testa ai passanti) in piazza Tebaldo Brusato. Prima ci sono i giardini delle case in via Nazario Sauro e in via Massimo D’Azeglio, punteggiati dell’arancio dell’alchechengi e del color mattone dei cachi maturi.

Prima ci sono i fiori autunnali, che accompagnano i campi attorno a San Polo, e i tramonti che colorano di rosa il cemento degli edifici. Prima ci sono i cieli mossi, con grosse nuvole che nascondono il sole, che coprono di luce e di ombra i sentieri di pietra in castello.

Dopo ci sarà la nebbia, che stringe in un anello di platino il centro storico e accarezza le sponde brinate del torrente Garza. Dopo ci sarà la ghiaia gelata dell’Arena del Castello, che, sotto le suole, lentamente si va frantumando.

Dopo ci saranno i bambini, avvolti in cappotti e cuffie calate sulle orecchie, che cercano di liberarsi di sciarpe troppo strette e, goffamente, di arrivare in cima agli scivoli del parco Castelli.

Dopo ci saranno gli alberi, nudi nelle loro architetture attorcigliate, che sfilano lungo viale Venezia, immergendosi in un cielo grigio e fermo. Dopo ci sarà il treno della metropolitana che bucherà un pomeriggio che diventa rapidamente sera. Dopo ci saranno notti scure che si aprono su albe cangianti come opali, già inclini a salutare l’inverno.

Prima e dopo: quale tempo racconta il tuo autunno?